Il lago dei cigni

Ed alfin è giunta l’ultima serata a S. Pietroburgo.

Ci prepariamo per il Mariinsky.

Una leggera inquietudine mi assale.
Il teatro Mariinsky, il Kirov dell’epoca comunista, ora di nuovo Mariinsky, è il tempio del balletto russo.
Il pensiero va agli anni ’80 quando assistetti al teatro”Verdi” di Trieste, alla rappresentazione del” Lago dei cigni” con l’allora Kirov. “Fantastico”. La perfezione assoluta. Con tale ricordo mi incammino. Costeggiamo il canale Mojki ( non traduco perché poco poetico), passiamo vicino al palazzo dove si riunivano i Decabristi non lontano da dove fu trovato, annegato, il corpo di Rasputin con diversi colpi di pistola in corpo, ed arriviamo in piazza teatro, Teatral’naja ploscad. Alle nostre spalle il conservatorio, davanti a noi il Mariinsky. Edificio tardo classico, un po’greve, non in buono stato di conservazione.
Solita animazione davanti all’entrata.
Piccolo foyer spartano, statue di marmo, teche con costumi di famosi balletti, foto di etoile passate, da ricordare.
Prendo posto in platea e mi soffermo a guardare l’interno. Un solo ordine di palchi, uno grande centrale bordato di fregi, due gallerie non c’è il loggione.
Vado alla buca dell’orchestra dove alcuni orchestrali stanno accordando gli strumenti.
Piccola delusione. Indossano una camicia senza né giacca né papillon. Sarà forse per il caldo.
La sala è piena. Molti stranieri. Famiglie russe con tanti bambini.
S’abbassano le luci, si inizia.

Va in scena “Il lago dei cigni” balletto in tre atti( quattro scene) musiche di P.I. Tchaikovsky e libretto di Begichev e V.Geltzer.
Entra il maestro Boris Gruzin accolto da un caloroso applauso( deve essere molto famoso).
Parte la musica e vengo subito trascinato dal colore timbrico dei toni accesi che il maestro estrae dall’ orchestra. Si questa è l’anima russa! Rivivere una fiaba attraverso la musica ed in questo Tchaikovsky è maestro.
Scenografia grigia quasi cupa nel bosco e nel lago, costumi vivaci, corpo di ballo buono.
Davanti a me una famiglia russa. Il padre con la mano esorta il figlio bambino alla compostezza, la madre lo consola con la dolcezza degli occhi.
Accanto a me Michele gioca con l’ Iphone
Oh tempora!
All’intervallo salgo a visitare tutto il teatro. Non c’è lo sfarzo del Palazzo d’Inverno né di quello a Tzarskoe Selo. Anche il grande ed imponente palco centrale è arredato con le stesse poltroncine di platea e di prima e seconda galleria. Retaggio della rivoluzione? Sovieticamente pari dignità a tutti i fondo schiena?

Il balletto riprende.


La musica prorompe, i toni si alzano, i fiati rivaleggiano con gli archi  e il maestro disciplina il corpo di ballo ed esalta i passi dei solisti.
Mi piace molto Rothbart (al debutto) ed Odette-Odile.
Frequenti applausi.
Piccole variazioni nella coreografia di Marius Petipa dovute a Lev Ivanov in particolare nel finale da fiaba romantica.
Apoteosi finale.


“L’amore ha vinto l’incantesimo malefico.
Il sole nasce e splende con i suoi raggi sul principe ed Odette e sulle vergini che Siegfried ha liberato.”
così recita il libretto.
L’anima russa ha vinto.
L’anima russa profetizzata da Dostoevky come panumana e omniarmonizzante, l’anima di Puskin, di Gogol, di Tolstoi, di Pasternak e di Tchaikovsky è vessillifera sulla Terra di una grandiosa armonia generale.

E noi?














Noi c’eravamo!

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